Bedolina una mappa divenuta Ecomuseo

Composizione geometrica chiamata mappa di Bedolina - Bedolina R 1 - Capo di Ponte 
(Foto Luca Giarelli).

La cartografia non si pone la restiruzione del vero, ma compie un’opera di interpretazione del reale: una mappa non è mai una rappresentazione oggettiva e anche quando ricorre a specializzate tecniche di disegno e rilievo, è sempre la proiezione di un  desiderio,  non  è esente  da imperfezioni.  Vi sono   delle mappe  non concepite e disegnate da specialisti, quindi con molte ingenuità di impostazione, oppure prodotte in epoche storiche così lontane da non poter permettere un minimo utilizzo della geometria, come il caso della mappa di Bedolina, nella Val Camonica. Siamo  di  fronte a un sistema di segni simili a dei crittogrammi caratterizzati, tra l’altro, da un grafismo spontaneo, esprimente una logica sintetica di relazione tra le parti di quel dererminato territorio. Bedolina custodisce un esemplare di mappa non intesa solo come rappresentazione, ma espressione di una volonta condivisa di rappresentazione, in cui l’esperienza vissuta si sistema in un resoconto di insieme oggettivo.

In questa mappa non abbiamo ancora la toponomastica, ma solo rapporti di elementare topologia; non esiste – e non potrebbe – una scala metrica proporzionale; semmai ponderale,  in cui,  ad esempio,  si contrappone una fitta trama di segni a dei grafismi episodici. Non può descrivere le grandezze fisiche di elementi – costruzioni  o luoghi in senso lato – di un territorio, ma la percezione di essi, da cui si evince l’importanza assunta nella fruizione, forse quotidiana. Nella mappa di Bedolina non è presente un solo piano di rappresentazione, ma, seppure con quella grafica essenziale, una molteplicità di piani variabili per contesto, circostanza, nonché arbitrio dello stesso disegnatore. In tal modo si riesce a rappresentare un’area o un segmento di un territorio, come definizione di un sistema di luoghi, compreso l’accenno alle attività ivi svolte, quali ad esempio la caccia o l’agricoltura. Sono compresenti realtà rappresentata e realtà vissuta.

Cosa  può  restituire  del territorio questa mappa? L’intuizione di una preconoscenza, la ricerca della stessa tecnica di rappresentazione: un’immagine con un significato ancora aperto, tutto da interpretare per noi e un significante complesso ed articolato che cerca di manifestarsi e che non sempre  è codificato in pieno.

La mappa di Bedolina sembra un quadro di Klee, una rappresentazione astratta ed organica allo stesso tempo, capace di restituire ciò che può identificare un luogo, la memoria: cosa guardavano gli abitanti primitivi della val Camonica e ritenevano degno di essere rappresentato, ossia la prima conditio di costruzione di una mappa. E in un modo, si presuppone, diretto e spontaneo, vuoi per l’assenza di qualsiasi sovrastruttura cognitiva, prima ancora che concettuale.

Non molto differente è la produzione cartografica che si realizza nell’Ecomuseo “Nel bosco degli alberi del pane”; anzi sul piano formale o grafico è anche molto vicina all’esemplare di Bedolina. In una Mappa di Comunità si delinea l’intera operazione  di questo museo dinamico, quella di valorizzare il territorio, in modo che diventi lo specchio in cui la comunità “si guarda per riconoscersi” (Rivière). Una meta che si raggiunge mediante la definizione di un sistema di segni e la tecnica più idonea per rappresentarli: una mappa proiezione del desiderio – ora divenuto nostalgia – di un territorio violato, le cui relazioni sono state spesso compromesse o perdute.

Vito Ganga

Pubblicazione Ecomuseo – 3° Ed.