Un’educazione al patrimonio a partire dai territori

Ho avuto la fortuna di partecipare, a settembre 2012, ai risultati del primo concorso di idee lanciato da Emilia Ruggiero, responsabile del servizio educativo della Soprintendenza peri Beni Architettonici Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici delle province da Caserta e Benevento.
Sono rimasto impressionato da quello che allora sembrava essere un progetto pilota molto ambizioso, che copriva un territorio molto vasto, da una specie di utopia ecomuseo, che non avevo mai visto altrove. L’uso sistematico del metodo “Mappe di comunità” unito a quello dei percorsi del patrimonio, la scelta di lavorare con le scuole nelle due province, il supporto istituzionale fornito dalla Soprintendenza, un approccio amministrativo, scientifico e tecnico che avevo già incontrato altrove in un ruolo essenzialmente di tutoraggio e controllo molto lontano dalla creatività che ho scoperto qui, tutto ciò sembrava eccitante ma fragile. Nella breve nota scritta alla fine della mia visita, ho detto che la domanda principale che era stata posta durante l’incontro a cui ho partecipato alla Reggia di Caserta era “cosa fare ora per continuare il movimento è iniziato con le mappe della comunità?” Ora, a settembre 2019, al termine di un ottavo concorso di idee, Emilia Ruggiero annuncia che il programma si concluderà con un incontro conclusivo per fare il punto sugli otto anni che ha visto dozzine di scuole che lavorano sul patrimonio e sulla memoria dei rispettivi territori, sotto gli occhi degli insegnanti ma esperti di varie discipline che potrebbero trarre conclusioni nei loro campi da ciò che hanno osservato. Purtroppo non sono tornato a Caserta e non conosco gli innumerevoli territori che hanno beneficiato di questo programma. Non posso portare qui conclusioni personali basate sull’esperienza sul campo. Ho solo la ricca documentazione che mi è stata inviata e rimarrà come ricordo di questi otto anni. Voglio solo evidenziare alcuni tratti che mi sembrano estremamente originali e porre alcune domande, a distanza, che possono alimentare le riflessioni degli attori che discuteranno a Caserta tra un mese.

Alcune osservazioni
1. L’intero programma era un’invenzione, una creazione unica, composta da dozzine di percorsi diversi. Mentre si ispira ai principi e alle pratiche del movimento ecomuseo italiano, li usa liberamente, senza fare riferimento agli ecomusei esistenti. Rende l’ecomuseo un metodo e non uno strumento. Applica questo metodo a ciascun territorio, a seconda della situazione locale, delle persone e delle istituzioni che vogliono partecipare. Ovviamente non esistono due casi simili e ogni Mappa conferisce una straordinaria identità visiva al territorio descritto.

2. Il programma non ha creato istituzioni permanenti, sebbene abbia fatto affidamento su due istituzioni tradizionali, la Soprintendenza e la Scuola. È possibile creare un solo ecomuseo in uno dei territori (Centopertose-Casapulla), perché il momento sembra essere arrivato, ma ho l’impressione che sia piuttosto un’opportunità che è stata colta. Questa non istituzionalizzazione è una possibilità, perché è ovvio che tutti questi territori non sono pronti per essere trasformati ecomusei “formattati”. Tutti saranno in grado di applicare e perseguire a modo loro le dinamiche di questi otto anni.

3. Il programma è chiaramente dedicato all’educazione al patrimonio culturale, in quanto ha uno scopo pedagogico, ma non ha lo scopo di imporre conoscenze agli studenti, ma di portare gli studenti in un processo collettivo, per scoprire da soli, per riprodurre e mostrare ciò che appartiene a loro in comune, cioè la memoria e il patrimonio del loro territorio. Non entra nella logica amministrativa o scientifica di nessuna delle istituzioni che l’hanno nata: i servizi del Patrimonio e dell’Educazione. Era un rischio assunto e dimostrato la sua rilevanza.

4. Le pubblicazioni su carta o in formato digitale, che rimarranno il ricordo di questi otto anni, sono una preziosa aggiunta alla ricca letteratura ecomuseumologica italiana e mondiale. L’iconografia e gli articoli di approfondimento offrono un’esperienza a lungo termine e multipla di prove visive e argomentazioni teoriche che spesso mancano, quindi molto tempo gli sviluppatori hanno poco tempo per fare un passo indietro. Ho particolarmente ammirato il rigore e le esigenze di Emilia Ruggiero e degli altri membri del suo team, che hanno deciso di fare questo passo indietro.

Alcune domande
1. Ripeterò prima la mia domanda del 2012: cosa fare ora per continuare il movimento? Spero che verrà chiesto, non solo durante l’incontro di settembre, ma anche nei mesi successivi, di ottenere una o più risposte concrete e realizzabili, prima della memoria e dei risultati pedagogici, i metodi culturali e metodologici sono più o meno cancellati. In effetti, la domanda dovrebbe essere posta in ogni territorio in modo da poter rispondere in base al contesto. Diverse ipotesi possono essere formulate: creare ecomusei permanenti in determinati territori quando sono soddisfatte le condizioni locali? mantenere e mantenere percorsi del patrimonio permanente che possono essere utilizzati dagli scolari, dal pubblico in generale e dai visitatori esterni (turisti) come Centopertose-Casapulla? creare, nei musei (tradizionali) esistenti, programmi educativi ispirati ai metodi del Concorso Idea e utilizzando il patrimonio vivente e la memoria vivente del territorio intorno al museo? pubblicare piccoli manuali di conoscenza e gestione del patrimonio vivente, utilizzabili dalle scuole in alcuni territori? Produrre guide audio-video digitali che possono essere utilizzate su smartphone e tablet per accompagnare i corsi e aiutare generazioni di insegnanti e studenti?

2. Come passare dalla consapevolezza della memoria e del patrimonio utilizzato pedagogicamente come processo di relazione con il passato e valorizzazione del capitale naturale, culturale e umano disponibile sul territorio, verso un futuro dinamico, che rende il bambini – i cittadini adulti di domani – (e ovviamente i loro genitori e i loro insegnanti) capaci di trasformare questa capitale in uno strumento di progresso continuo e soprattutto di dominare i cambiamenti che il mondo attuale ci impone? Questa è la sfida dell’empowerment e di ciò che Paulo Freire chiamava consapevolezza: come trasformare, dalla scuola, semplici studenti più o meno applicati all’ascolto degli insegnanti in soggetti consapevoli e determinati attori di il loro futuro e quello del loro territorio?

3. Non potremmo prevedere un incontro internazionale di analisi e scambi, sul modello di ciò che è stato organizzato da ICOM Europe e dal Comitato internazionale ICOM per l’educazione e l’azione culturale CECA), a giugno 2019, a Fundão, in Portogallo? Questo incontro avrebbe studiato l’esperienza accumulata nelle province di Caserta e Benevento, sotto l’occhio critico di esperti e professionisti italiani e stranieri, e in particolare di specialisti in nuovi metodi di istruzione. In ogni caso, e qualunque sia la forma che prenderà in base ai territori, non è necessario che la dinamica impegnata si fermi. Una prima fase termina. Il patrimonio vivente di Caserta-Benevento deve rimanere un fattore del futuro, una capitale per essere feconda.

 

Une éducation patrimoniale à partir des territoires

J’ai eu la chance d’assister, en septembre 2012, au bilan du premier Concours d’Idées qui avait été lancé par Emilia Ruggiero, responsable du Service Educatif de la Soprintendenza per i Beni Architettonici Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici des Provinces de Caserta et Bénévent. J’avais été impressionné par ce qui apparaissait alors comme un projet pilote très ambitieux, portant sur un territoire très vaste, à partir d’une sorte d’utopie écomuséale, que je n’avais jamais vue réalisée ailleurs. L’utilisation systématique de la méthode des “Mappe di comunità” combinée à celle des parcours patrimoniaux, le choix de travailler avec les écoles sur tout l’espace des deux provinces, le support institutionnel fourni par la Soprintendenza, un service administratif, scientifique et technique que j’avais déjà rencontré ailleurs dans un rôle essentiellement de tutelle et de contrôle bien éloigné de la créativité que je découvrais ici, tout cela me paraissait passionnant mais fragile. Dans la brève note de visite rédigée à l’issue de mon passage, je disais que la principale question qui avait été posée pendant la réunion à laquelle j’avais assisté à la Reggia de Caserta était “que faire maintenant pour poursuivre le mouvement engagé avec les mappe di comunità ?”. Or voici que, en septembre 2019, à l’issue d’un 8° Concours d’Idées, Emilia Ruggiero m’annonce que le programme va se terminer par une réunion de clôture destinée à dresser le bilan de ces huit années qui a vu des dizaines d’écoles travailler sur le patrimoine et la mémoire de leurs territoires respectifs, sous le regard des enseignants mais aussi de spécialistes de diverses disciplines qui ont pu tirer les conclusions, dans leurs domaines, de ce qu’ils ont observé. Malheureusement, je ne suis pas retourné à Caserta et je ne connais pas les innombrables territoires qui ont bénéficié de ce programme. Je ne puis donc pas apporter ici des conclusions personnelles basées sur l’expérience du terrain. Je ne dispose que de la riche documentation qui m’a été envoyée et qui restera comme la mémoire de ces huit années. Je veux seulement souligner quelques traits qui m’apparaissent extrêmement originaux et poser quelques questions, à distance, qui peuvent nourrir des réflexions de la part des acteurs qui vont débattre à Caserta dans un mois.

Quelques observations

1.Tout ce programme a été une invention, une création unique, composée de dizaines de parcours tous différents. Certes il s’inspire des principes et de certaines pratiques du mouvement écomuséal italien, mais il les utilise librement, sans se référer à des écomusées existants. Il fait de l’écomusée une méthode et non pas un outil. Il applique cette méthode à chaque territoire, en fonction de la situation locale, des gens et des institutions qui veulent participer. Il n’y a manifestement pas deux cas semblables et chaque Mappa donne une extraordinaire identité visuelle au territoire décrit.

2.Le programme n’a pas créé d’institutions permanentes, même s’il s’est appuyé sur deux institutions traditionnelles, la Soprintendenza et l’Ecole, Un seul écomusée va peut-être être créé sur un des territoires (Centopertose-Casapulla), parce que le moment semble en être venu, mais j’ai l’impression que c’est plutôt une opportunité qui a été saisie. Cette non-institutionnalisation est une chance, car il est évident que tous ces territoires ne sont pas prêts à se transformer en écomusées « formatés ». Chacun pourra appliquer et poursuivre à sa manière la dynamique de ces huit années.

3.Le programme est clairement dédié à l’éducation patrimoniale, en ce qu’il a une vocation pédagogique, mais il n’a pas pour objectif d’imposer des connaissances à des élèves, mais bien d’amener les élèves, dans un processus collectif, à découvrir eux-mêmes, à reproduire et à montrer ce qui leur appartient en commun, c’est à dire la mémoire et le patrimoine de leur territoire. Il n’entre dans la logique administrative ou scientifique d’aucune des institutions qui lui ont donné naissance : les services du Patrimoine et ceux de l’Education. C’était un risque qui a été assumé et qui a démontré sa pertinence.

4.Les publications sur papier ou sous forme numérique, qui vont rester comme la mémoire de ces huit années, sont une addition précieuse à la riche littérature écomuséologique italienne et
mondiale. L’iconographie et les articles de fond apportent sur une expérience multiple et de longue durée une preuve visuelle et une argumentation théorique qui manquent souvent, tant les promoteurs ont peu de temps pour prendre du recul. J’ai particulièrement admiré la rigueur et l’exigence d’Emilia Ruggiero et des autres membres de son équipe, qui ont justement accepté de prendre ce recul.

Quelques questions

1.Je reprendrai tout d’abord ma question de 2012:que faire maintenant pour poursuivre le mouvement? J’espère qu’elle sera posée, non seulement lors de la rencontre de septembre, mais aussi dans les mois suivants, pour obtenir une ou des réponses concrètes et viables, avant que le souvenir et les acquis pédagogiques, culturels, méthodologiques soient plus ou moins effacés. En réalité, la question devrait être posée dans chaque territoire, pour qu’il puisse y répondre en fonction du contexte. Plusieurs hypothèses peuvent être formulées : créer des écomusées permanents sur certains territoires lorsque les conditions locales sont réunies ? maintenir et entretenir des parcours patrimoniaux permanents, utilisables aussi bien par les scolaires que par la population et les visiteurs extérieurs (touristes) comme à Centopertose-Casapulla ? créer, dans des musées (traditionnels) existants des programmes éducatifs inspirés des méthodes du Concours d’Idées et utilisant le patrimoine vivant et la mémoire vivante du territoire autour du musée ? publier de petits manuels de connaissance et de gestion du patrimoine vivant, utilisables par les écoles de certains territoires ? Réaliser des audio-vidéo-guides numériques utilisables sur smartphones et tablettes pour accompagner les parcours et aider des générations de professeurs et d’élèves ?

2.Comment passer de la prise de conscience de la Mémoire et du Patrimoine utilisés pédagogiquement comme un processus de relation au passé et de valorisation du capital naturel, culturel et humain disponible sur le territoire, à une dynamique porteuse d’avenir, qui rende les enfants – les citoyens adultes de demain – (et bien sûr leurs parents et leurs enseignants) capables de transformer ce capital en outil de progrès continu et surtout de maîtrise des changements que monde actuel nous impose ? C’est tout l’enjeu de l’empowerment et de ce que Paulo Freire appelait la conscientisation : comment transformer, dès l’école, de simples élèves plus ou moins appliqués à l’écoute des maîtres en sujets-acteurs conscients et déterminés de leur avenir et de celui de leur territoire?

3.Ne pourrait-on envisager une réunion internationale d’analyse et d’échanges, sur le modèle de ce qui a été organisé par l’ICOM Europe et le Comité international de l’ICOM pour l’Education et l’Action Culturelle (CECA), en juin 2019, à Fundão au Portugal ? Cette réunion étudierait l’expérience accumulée dans les provinces de Caserta et Bénévent, sous le regard critique d’experts et de praticiens italiens et étrangers, et en particulier de spécialistes de méthodes nouvelles d’éducation.En tout cas, et quelle que soit la former quelle prendra selon les territoires, il ne faut pas que la dynamique engagée s’arrête. Une première phase se termine. Le patrimoine vivant de Caserta-Bénévent doit rester un facteur d’avenir, un capital à faire fructifier.

 

Hugues de Varine