L’inventario partecipato, agenda di azioni condivise

L’Inventario partecipato è uno strumento di  indagine territoriale condivisa che si pone due finalità. La prima,  catalogare i beni immateriali   e materiali ritenuti più identitari dalla comunità dei residenti di un luogo, perché meglio rispondenti ai valori che una collettività ha storicizzato nei secoli e che pone a confronto e rimette in discussione in una continua contaminazione con le nuove tendenze culturali e produttive globali, comprese le trasformazioni locali dei nuovi gruppi extracomunitari di residenti. La seconda finalità: redigere l’agenda  delle  azioni partecipate. Con   tale   espressione   si   intende   l’insieme delle iniziative  promosse sul  territorio  dal  gruppo  di  residenti  che vogliono  far  riconoscere  all’intera  comunità   il   patrimonio  e tutelare  ogni  criticità  manifestatasi  ed  ogni  convergenza  raggiunta,  nella  comunità. È interessante  constatare  per  esperienza  diretta  dell’Inventario  partecipato   del   nostro Contest, come queste iniziative siano nate in modo spontaneo negli stessi gruppi-classe che vi hanno aderito.

Il caso più frequente, direi naturale, èstato la richiesta di partecipare anche alla sezionedelle Mappe di Comunità, per l’esigenza di applicare e far conoscere un bagaglio sistematico di conoscenze. E’ scaturita, quindi, una rappresentazione cartografica sempre più strutturata e disegnata con una vocazione progettuale sia per la puntualità di individuazione analitica delle emergenze collettive; sia per un approccio consapevolmente sistemico, secondo una costante analisi tematica di ogni aspetto ritenuto degno di segnalazione catalografica.

Sempre questa necessità di manifestare il riconoscimento del valore del patrimonio studiato, ha portato l’individuazione di nuove modalità di rappresentazione: la ricerca di una logica sintetica e sinergica, in cui  la Mappa rimanda all’inventario e viceversa, con l’intento di definire, così, un testo ibrido e interattivo, scegliendo, di volta in volta, la formattazione digitale più consona. Si è concepito, infatti, l’inventario su Google Map, da discutere e condividere all’interno di piattaforme social come Whatsapp, in modo che vi può partecipare chiunque, anche noi facilitatori e turisti occasionali o di prossimità, permettendo non solo di esserne diretti fruitori, bensì di intervenire in merito, interagendo in pieno con consigli e conoscenze.

In   altri   casi   le   mappe   interattive   sono   diventate app   da   utilizzare   in   mobile   quali   telefonini  o tablet.  Le  stesse  scuole  hanno  inserito  nei loro  siti web  le  schede  di catalogo,  a  volte  integrate   da relazioni   e   documentazione   sia   grafica   che  video. In altri casi, si è costruito un archivio con un portale, in cui l’Inventario partecipato ha ricostruito gli otto anni di Concorso, con adesione  dell’intera  realtà  scolastica  del dato Comune, a partire dalla scuola d’infanzia. Non solo,    si è riusciti a coinvolgere, con gli allegati audiovisivi delle video interviste  –  previste  dalle  schede  catalografiche  –  un consistente gruppo di famiglie dove i bambini hanno chiesto ai nonni ricette, feste, usanze, ricordi di vario genere.

Fin qui la necessità di esternare l’Inventario in varie forme di rappresentazione del territorio, concependo, anche, la catalogazione come una nuova struttura organizzativa del gruppo-classe esteso alle stesse  famiglie. Fin quando non ci si è imbattuti in un bene che manifestava tutte le sue criticità, al punto da dover esaurire la propria esistenza, come la scelta ponderata e improrogabile di un artigiano fabbro di chiudere bottega. L’inventario ha documentato gli ultimi 15 giorni, catalogando tutti gli oggetti rimasti depositati; ricostruendo di alcuni la storia e l’uso caratteristico che ne ha fatto la comunità; le tecniche realizzative, le tradizioni delle feste popolari in quanto utensile adottato nell’arredo dei riti liturgici o profani, dimostrando tutta la potenzialità dell’Inventario partecipato quando si traduce in azione: essere la  testimonianza di  una  capacitazione,  la  prima  cellula  di  un  museo  diffuso,  partecipato,  dinamico.

Vito Ganga